02-2013: Esperienza in baraccopoli

Davanti a noi la baraccopoli.
Da qui, da sotto, è un insieme di tante piccole case di legno e fango, ammassate le une sulle altre.
È un tutt’uno. Saliamo. Ci sono tanti bambini. Ci guardano. Alcuni ci sorridono. Altri sono diffidenti. Sono molto poveri. Sono sporchi. Giocano. Giocano con una ruota, con una latta, con la confezione vuota di un detersivo che è diventata una macchinina.
Hanno dei vestiti colorati. C’è una bellissima bambina che mi guarda da un po’. Ha il viso tondo. I capelli cortissimi e il vestito a quadretti bianchi e azzurri. In origine, almeno… ora è tutto grigio…
È bella davvero. Ha le unghiette colorate.
La accarezzo.
C’è un bimbo con la labioschisi. Un altro che tossisce. Anna lo visita. Lo ausculta.
Crepitii a sinistra. Credo sia polmonite. Abbiamo con noi degli antibiotici.
Proviamo a spiegare alla mamma come darglieli.
Anna ha con se un otoscopio. Improvvisa un’altra visita. Qui ci si sente utili. Ma impotenti.
Ti fanno capire che hanno bisogno, che vogliono essere curati. Alcuni bimbi hanno i pidocchi.
Altri la tinia. Altri hanno gli occhietti con la congiuntivite. Cosa fare?
Domani Anna, Giancarlo e Laura torneranno per visitare tutti i bambini della baraccopoli.
Francesca ed io faremo lo screening odontoiatrico fra quelli della scuola annessa alla baraccopoli. Purtroppo solo alcuni bambini possono andare a scuola. La maggior parte di quelli che abbiamo incontrato oggi non studia. Mi chiedo che futuro abbiano. Se per loro cambierà mai qualche cosa. E’ questo di tutti il dubbio più disarmante. I bimbi che vanno a scuola studiano l’inglese. Con loro riusciamo a parlare e ci aiutano a comunicare con gli altri.
Anche se, poi, comunicare è anche un sorriso, una carezza, tenere un bambino per mano per qualche passo.. Quando li tocco, quando li accarezzo, mi sfiora il pensiero di quello che potrebbero avere, delle infezioni che potremmo prendere. Oggi non siamo attrezzati, non abbiamo i guanti, né le mascherine. Ma chissenefrega. Non importa.
E’ più forte il bisogno di comunicare con loro. E’ più bella una carezza. Conta di più il viso felice di un bambino che abbiamo fatto saltare e girare e volare.
Una bambina mi prende la mano. E un’altra. E un’altra ancora.. E altri bambini prendono le mani degli altri. Ho visto bimbi litigare per tenerci la mano… E tutto questo mi sembra non giusto. Ma poi… sappiamo noi cosa è giusto, cosa è meglio per ciascuno di loro? Sono felice di tornare domani. Solamente questo.